In verità – lo sappiamo – esistono solo le storie. Ed è in questa pluralità di parole e prospettive che si può avere a che fare con il proprio passato. D’altronde, senza storie non si vive. Ci siamo perché ci raccontiamo. Anzi, andando alla radice, il racconto ci precede. Siamo diventati quello che siamo grazie al modo e alle parole con cui siamo stati raccontati: dai nostri genitori, dai nostri parenti, dalle persone che hanno avuto cura di noi mentre eravamo piccoli.
Sta qui il senso di questo numero così particolare di GTK. A quarant’anni di distanza dall’inizio dell’avventura del nostro Istituto abbiamo voluto provare non a farne la storia ma a raccontarne le storie. Affinché, in qualche modo e da qualche parte, chiunque abbia fatto questa esperienza o si sia trovato su questa strada si sentisse raccontato. Tre voci allora come tre narrazioni, che ne comprendono e sollecitano tante altre. Alla stregua di uno specchio, messo a disposizione di molti perché molti si possano specchiare. E magari ritrovarsi. Nella similarità e nella differenza, nella concordanza e nel conflitto, nella condivisione e nella divergenza.
La voce di Giovanni Salonia risuona in queste pagine come un lungo recupero della Gestalt della memoria, quasi una riparazione, in cui riemergono i volti, i gesti, le parole di tante compagne e compagni del nostro cammino, sia dentro le mura dell’Istituto sia fuori, nel mondo: per ri-cordare, per esserci, per sentire il futuro. Il racconto di Valeria Conte estrae dalla vita, dalla sua sostanza, lo spirito animante, il pensiero creativo della Gestalt Therapy maturato nel grembo di queste esistenze e qui consegnato come tesoro donato, come promessa di ciò che verrà. L’autobiografia ‘gestaltica’ di Antonio Sichera offre un modello di racconto intimo, personale, che può essere replicato da ogni lettore, sostenendolo nel suo affacciandosi sull’orizzonte del cambiamento, sulla novità che nutre (o ha nutrito) la vita. E poi, alla fine, tanti titoli, tanti appuntamenti, tanti eventi: non morto elenco ma, almeno nella speranza, documento palpitante di quel che è stato, che muta, ma non finisce.
L’olio versato a condire le pietanze memoriali di questo numero è ovviamente la sapienza gestaltica del tempo. Il vino con cui accompagnarle è il sapore del contatto. Alla folle saggezza del kairos e alla logica vitale dell’incontro ci sottomettiamo, a chiusura dell’impresa, con trepidazione, gratitudine e speranza.