di Giovanni Salonia, direttore dell’Istituto GTK
Un recente articolo del giornalista e psichiatra Danilo Di Diodoro, pubblicato sul Corriere della Sera, ha preso spunto dai lavori dello studioso americano Jerome C. Wakefield, professore alla New York University, per aprire all’interno del mondo psicoanalitico il dibattito su una domanda inquietante: il complesso di Edipo esiste davvero?
Di Diodoro ha pure elencato i danni che questa teoria ha causato ai pazienti, a tal punto che qualcuno si è chiesto se fosse il caso di risarcirli.
È una domanda che risuona da molti decenni nel mondo delle psicoterapie. E molti terapeuti hanno preso le distanze da questa teoria.
Anche noi ce la siamo posta, già più di dieci anni fa, pubblicando la prima edizione del nostro “Edipo dopo Freud. Dalla legge del padre alla legge della relazione” (tema a cui, nelle prossime settimane, dedicheremo anche un ciclo di Webinar in collaborazione con Formazione Continua in Psicologia).
Ovviamente negare la validità del complesso di Edipo non significa misconoscere l’importanza di altre teorie di Freud. Il mio maestro di Gestalt, Isadore From, ripeteva sempre che la Gestalt rimane un modello post-psicoanalitico. E io credo che i Tre saggi sulla teoria sessuale e altri scritti (1905) contengano idee geniali sullo sviluppo corporeo-relazionale del bambino (quelle che chiamo ‘idee del primo Freud’), ancora valide e per certi versi insuperabili se lette con strumenti ermeneutici nuovi. Proprio nei Tre saggi però la teoria del complesso di Edipo pare implicitamente contrapporsi e rinnegare le stupende intuizioni precedenti dello sviluppo infantile.
Si tratta, in fin dei conti, di una teoria errata e confusiva, che genera alcune aporie e alcuni pensieri alternativi:
- Partiamo dalla letteratura. Freud attinge per formularla alla tragedia di Sofocle. Ma da Vernant in poi sappiamo che il complesso di Edipo non c’entra nulla con l’Edipo re, con i problemi e il senso profondo di una tragedia che ruota attorno a un trivio.
- Passiamo alla teoria vera e propria. Primo errore: un bambino può avere un interesse incestuoso nei confronti della madre, ma questo è il sintomo di una patologia. L’errore di Freud è stato quello di aver considerato fisiologico ciò che è patologico.
- Secondo errore. Se fosse fisiologico, il complesso di Edipo sarebbe innato. Non si potrebbe cambiare ma solo controllare. Al limite si tratterebbe di educare il bambino a contrastare la spinta incestuosa, rinunciando alla madre per paura di essere punito dal padre. Ecco perché Freud parla di disagio della civiltà. Dall’errore del complesso di Edipo ne consegue un altro: la teoria del super io. Diventa necessaria nel modello freudiano un’istanza regolativa esterna che svolga le funzioni del controllo. La Gestalt Therapy – insieme con le terapie umanistiche – sostiene che quest’istanza regolativa non è esterna ma proviene dall’Organismo; anzi, ancora più precisamente, che essa proviene dalla relazione: da quanto avviene tra i corpi, tra le persone. È la relazione a generare dall’intimità interpersonale l’auto e l’etero regolazione.
- Passiamo al piano clinico. Dal complesso di Edipo in poi si genera la prospettiva, tanto errata quanto diffusa –, che le responsabilità delle eventuali patologie del bambino siano da attribuire al bambino stesso. Si ignora così un fatto fondamentale: la matrice dei disagi infantili è la disfunzionalità della relazione cogenitoriale.
- Ancora clinica. L’esperienza clinica dimostra come ‘curare’ il complesso di Edipo coincida puntualmente con la ricostruzione terapeutica di una sana relazione cogenitoriale. L’intervento clinico sul bambino non può mai prescindere dal lavoro sulla famiglia o sui cogenitori. Anche Kohut, pur non avendo maturato il paradigma della cogenitorialità, sostenne che il complesso di Edipo fosse causato da una madre poco empatica, disfunzionale. Ma non portò avanti questa intuizione – come egli stesso scrive – per non mancare di rispetto a Freud.
- Dalla clinica alla cultura e all’educazione. Il complesso di Edipo ha permeato il nostro tempo e ha creato rilevanti disagi educativi nelle relazioni familiari, insinuando sospetti, diffidenze e paure nella relazione padre/figlia, madre/figlio. La mancanza di un sereno rapporto con il proprio genitore dell’altro genere non permette al figlio o alla figlia di sentire la sicurezza di base necessaria ad andare nel mondo, per andare incontro alle altre relazioni. I figli andranno ‘alla ricerca’ di quella sicurezza e di quella protezione che avrebbero dovuto sperimentare nell’intercorporeità con il proprio genitore di genere differente.
- Dalla cultura alle teorie della crescita e ai modelli terapeutici. Primo esempio. I cosiddetti “stili di attaccamento” della Ainsworth appaiono oggi ai nostri occhi come stili complementari a quelli materni e non stili ‘autogenerati’ dal bambino. In definitiva, lo stile della coppia genitoriale, ovvero lo stile cogenitoriale è la matrice di quello infantile. Per capire il bambino bisogna leggere ciò che avviene nel triangolo primario
- Secondo esempio. Si insiste con disinvoltura a descrivere ad esempio, come fa Recalcati, le differenze fra Telemaco ed Edipo. Ma il confronto andrebbe compiuto tra la coppia genitoriale Penelope-Ulisse (che per salvare il figlio partecipa alla guerra di Troia) e la coppia Giocasta- Laio (che vuole uccidere Edipo neonato).
- Edipo oggi. È necessario che teorici e clinici lavorino insieme sulla linea di Wakefield per far conoscere la falsità, l’inutilità e la pericolosità di una teoria appartenente alla schiera dei famosi ‘idola fori’ di Bacone.
- Edipo domani. Dobbiamo dirlo con chiarezza. La sua morte, la morte di Edipo e del suo ‘complesso’ favorirà un profondo rinnovamento della psicoterapia infantile e della terapia familiare, contribuirà a creare una cultura nuova, farà della relazione il cardine del nostro vivere assieme, la sua realtà e la sua speranza.